Mi sono formata come psicoterapeuta Interazionista nella convinzione che i problemi che spesso ci inchiodano alle nostre difficoltà, riconducibili ad esperienze familiari, sociali o affettivo-relazionali, non stiano semplicemente nella “nostra testa” o “nell’ambiente che ci circonda”, bensì nello spazio di interazione tra questi due mondi. Ogni evento che nel corso della vita ci “colpisce”, ci permette di sviluppare abilità che possono poi essere più o meno idonee a fronteggiare le difficoltà che si profilano dinnanzi a noi. In talune occasioni può accadere che le abilità che mettiamo in campo non siano più adeguate alla specifica situazione. In tal caso si possono generare stati mentali problematici, frutto di tentativi disfunzionali di adattamento al contesto socio-culturale, psico-relazionale e situazionale di riferimento.

In quest’ottica il cambiamento può diventare la proposta di una prassi operativa maggiormente funzionale alla ridefinizione e modificazione del sistema di costruzioni socio-relazionali e personali non più idonee. In sintonia con quanto ci ricorda Arthur Schopenhauer citando Epitteto in L’arte di essere felici, “Ciò che turba gli uomini non sono le cose, ma le opinioni che essi hanno delle cose”, sarà pertanto opportuno provare a modificare le lenti che usiamo per guardarci attorno piuttosto che ostinaci a stravolgere ciò che ci circonda.

Nell’ambito di questo modello di riferimento durante il colloquio clinico mi avvalgo di tecniche narrative funzionali alla definizione e ridefinizione di alcune parti del proprio sé; di tecniche strategiche e cognitiviste funzionali ad affrontare sintomi o problemi specifici che tendono a bloccare la vita di una persona. Di tecniche di rilassamento e gestione dell’ansia e dell’ipnosi. L’ipnosi, che pratico in seguito a specifica formazione, così come la definisce M. Erickson, può essere considerata come una terapeutica perdita di orientamento nei confronti della realtà esterna in favore di un nuovo orientamento nei confronti di una realtà concettuale e astratta. Essa può essere definita il frutto di una esperienza che coinvolge alla pari il paziente e il terapeuta, il frutto di una interazione reciproca che crea una relazione speciale denominata rapport, che permette a paziente e terapeuta di co-costruire percorsi alternativi accedendo alle risorse inconsce. L’ipnosi non ha pertanto a che fare con la perdita di controllo o con il delegare potere al terapeuta, come qualcuno potrebbe temere. Per dirla ancora con Milton Erickson “Nel migliore dei casi (durante la trance ipnotica) l’operatore può solo offrire una guida intelligente, e poi accettare intelligentemente il comportamento del soggetto”. Questa speciale interazione che si costruisce attraverso la trance ipnotica assume grande valenza diagnostica e terapeutica e può permettere alla persona di far dialogare diverse parti di sé, di accedere più rapidamente all’inconscio, sede di numerose risorse personali, di raggiungere importanti obiettivi terapeutici in una vasta gamma di disturbi caratterizzati da sintomi ansiosi, depressivi, dissociativi, o condizioni di patologia cronico degenerativa con dolore ricorrente (es. patologia oncologica), pensieri ricorrenti o scarsa fiducia in se stessi.